“Nessuno può togliervi la coscienza; essa è il capitale più grande! Investite in essa; nessuno può privarvene!”. Gli oltre 250 ragazze e ragazzi delle classi Seconde e Terze e noi insegnanti presenti sabato 9 aprile 2016 all’incontro con il sig. Samuel Gaetano Artale von Belskoj-Levi, abbiamo ascoltato questa frase come ultima tra tante che hanno dato corpo alla sua testimonianza ed al suo accettare di rispondere a tutte le domande rivoltegli. La confrontiamo, paradossalmente, con una frase pronunciata dal ministro nazista della Propaganda, J.P. Goebbels, amico personale di Hitler:”Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte ed essa diverrà una verità!”.
L’espressione di Goebbels è stata fatta propria, nel tempo, non solo da dittatori di ogni coloritura politica, ma anche da politici, giornalisti, storici, comuni cittadini. L’espressione del sig. Samuel Gaetano possiamo farla propria noi, giovani ed adulti che l’abbiamo conosciuto ascoltandolo in prima persona, seppur per poche ore.
“A volte mi sento come un albero senza radici: portato di qua e di là, ma senza me stesso! Fino al 2005 non ho mai raccontato pubblicamente del mio passato… Ho cominciato a farlo avendo constatato quanto il negazionismo storico alimenti la propria forza a copertura dei genocidi e di tutti i crimini commessi dal nazismo, dal comunismo, da alcuni violenti regimi del XX e del XXI secolo…”. Nato nel 1937 a Rostock-Germania, in una famiglia di industriali tedeschi di religione ebraica, fu deportato il 13.04.1944 ad Auschwitz con tutti i familiari. A sette anni ritrovarsi in un campo di sterminio! Liberato il 27.01.1945, unico superstite della famiglia, ricordava di sè solo il nome proprio. Gli fu attribuito un cognome “d’ufficio”, quello autentico lo ritrovò decenni dopo, con la riapertura degli archivi secretati dagli americani e dai sovietici. Preso in carico dalla Croce Rossa, trasferito negli USA, adottato. Si laureò in ingegneria, fece carriera militare in aviazione, sognò di vendicarsi e di diventare un difensore dei derelitti. Operativo in una base NATO italiana, ebbe modo di conoscere una ragazza e… nacque la sua famiglia:”L’amore di mia moglie ha trasformato tutta l’energia che convogliavo nella sete di vendetta in energia per creare qualcosa di buono per l’Umanità sempre ferita da violenze”. Ed è storia di oggi. Una storia ed un incontro che, caro Samuel, speriamo incroci ancora le nostre strade. Grazie!
Leopoldo Pincin
I lager come le bolge: la città dolente del Novecento
Come d’autunno si levan le foglie
l’una appresso de l’altra, fin che ‘l ramo
vede a terra tutte le sue spoglie,
similmente il mal seme d’Adamo
gittansi di quel lito ad una ad una,
per cenni come augel per suo richiamo.
Così sen vanno su per l’onda bruna,
e avanti che sien di là discese,
anche di qua nuova schiera s’auna.
Dall’Inferno dantesco ai lager di Auschwitz-Birkenau, Belzec, Treblinka, Dachau: questo il filo conduttore della significativa performance, ideata ed interpretata dagli allievi della classe 3B insieme alla professoressa Annamaria Gazzarin, che ha introdotto l’incontro del 9 aprile scorso con Samuel Artale, sopravvissuto allo sterminio.
Modulando parole e gesti, in una struggente atmosfera di ascolto e raccoglimento, gli studenti hanno voluto ricordare l’annientamento, fisico e psicologico, di milioni di persone, perseguito e realizzato dalla ferocia nazista negli anni più bui del Novecento.
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Shoah - Annientamento la conoscenza diventa coscienza 9 aprile 2016
Riflessioni ed emozioni di giovani studenti che hanno incontrato un anziano sopravvissuto ad Auschwitz
Ci sono storie a cui non si crede.
Non perché false, non perché raccontate in modo poco convincente o con troppi elementi fantastici.
Ci sono storie che sono possibili da immaginare, ma il solo pensiero, la sola immagine proiettata dalla nostra mente ci impedisce di accettarle, ci colpiscono forte come una frustata in pieno volto.
Non capiamo, rimaniamo senza fiato.
“Non è possibile”.
“Non è possibile” è l’unica risposta che ci diamo, “Non è vero” è quella che accettiamo. E poi arriva il “Perché?” Perché tanta violenza? “La violenza”, dicono, “è scaturita dall’odio…” Odio? Perché, come? Da Dove? “Avranno fatto qualcosa di orribile”…. Ma esiste davvero un peccato così grave da meritare una punizione simile?
Come può un uomo guardarne un altro nello specchio dell’anima e ancora provare piacere nel colpirlo, nel vederlo morire? Come può quell’uomo dormire, vivere, guardare i volti di sua moglie, dei suoi figli, dei suoi genitori, sapendo di aver commesso tali atrocità?
L’unica consapevolezza, l’unica risposta che ho avuto alla fine di questo incontro è stata:
“È successo. Non sono state create parole per descriverlo e le persone stanno dimenticando. Non si deve dimenticare. Non c’è più tempo per capire, ma solo tempo per evitare il ripetersi della follia umana, solo per fermare quello che sta ancora succedendo”.
Ivana Vukelić, 3B
Testimonianza viva e accesa
si rinnova ne l’ardore del racconto
in atti che non han ricevuto resa.
Dei ricordi che non avran tramonto
quali sembrano quasi assurdi
a coloro che voglion esser sordi.
Memorie che fanno rabbrividire
per la lor agghiacciante crudeltà
che qualcuno voleva abolire.
Dichiararlo, pura necessità
per non dimenticare l’orrore
e non ripetere tale errore
altrimenti non sarà la storia magistra di nulla.
Eros Bitto, 3B
da Segreteria
del giovedì, 19 maggio 2016