EDUCAZIONE ALLA LEGALITA` 11/12

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da Segreteria

del mercoledì, 27 novembre 2013

Il 18 aprile le classi Quarte B, C, D, E hanno vissuto l`esperienza dell`incontro-confronto con un gruppo di uomini detenuti presso la Casa di Reclusione di via Due Palazzi a Padova, un carcere di media/alta sicurezza, progettato per 370 detenuti e attualmente abitato da 740!
Due ore nelle quali si è potuto capire quanto poco basti per entrarvi manette ai polsi. Molto spesso non esiste una spiegazione precisa al perché una persona commetta un reato, solitamente è un lento scivolamento che fa perdere la cognizione di che cos`è giusto e di cosa invece è sbagliato.
Chiedete anche agli altri ragazzi e ragazze di 4^ cosa si prova ad incolonnarsi in fila indiana per entrare in un posto di guardia, lasciare i documenti, ricevere un pass, sapere che c’è un solo WC a disposizione del “pubblico”, incamminarsi scortati da due guardie passando di cancello in cancello, inferriata in inferriata…Fino alla stanza-laboratorio di giornalismo: accesso possibile a non più di 30 carcerati in due turni diversi. 
Ci siamo confrontati con uomini condannati per reati di vario genere (incidenti mortali causati per guida in stato di ebbrezza, sequestro di persona, omicidio, rapina, spaccio ed uso di stupefacenti) e  che hanno scelto di aderire al progetto “Il carcere entra a scuola, la scuola entra in carcere” e contribuiscono alla realizzazione della rivista “Ristretti orizzonti” che non è altro che l`espressione del loro pensiero, delle loro vite, dei percorsi di coscientizzazione e di riscatto personale e sociale che anche il Diritto penale italiano prevede.
Abbiamo ascoltato e ci siamo confrontati soprattutto con i protagonisti di quattro storie: Ulderico, Marco, Rachid e Luigi. Chi sotto l`effetto di psicofarmaci presi col metodo “fai da te”, senza controllo medico, ha distrutto la propria famiglia; chi partendo dal celebre motto:”Cosa mai potrà farmi di male uno spinello” si è via via ritrovato a scivolare nella tossicodipendenza più dura ed abietta; chi per difendere altri e se stesso dai soprusi di bulli violenti ha colpito con un coltellino acquistato in edicola provocando una morte per emorragia; chi ha pensato:”So ben io come vendicarmi!” ed è passato dalle parole all’azione…
Il prof ci ha preparati insistendo spesso sull’importanza di non pre-giudicare, di non catalogare frettolosamente e morbosamente queste persone come dei “mostri”, ma provare ad ascoltarli e rispettarli quali uomini che stanno faticosamente e responsabilmente  imparando dai loro errori (anche i più tragici crimini) a costruire un dialogo sincero con la propria coscienza e, per chi è credente, con Dio; ed a ridare un senso positivo alle vite loro e dei loro familiari: ci sono mogli, compagne, fidanzate, figli, figlie con cui tenere, rinnovare, reintrecciare rapporti affettivi validi. 
Tutti hanno rinunciato alle loro 2 ore giornaliere di aria aperta per stare con noi e bisogna riconoscere che per loro non è facile confidare a degli sconosciuti le loro esperienze, ma nei nostri confronti si sono posti con un atteggiamento di ospitalità e disponibilità a rispondere a tutte le nostre domande. Ma a noi, è facile confidare la propria vita a degli sconosciuti?

Amanat Schizzi 4C


Le sbarre viste da entrambe le parti. 

L`esperienza del carcere è stata molto particolare. Non saprei di preciso se darle una connotazione positiva o negativa, ma sicuramente lo è stata di crescita. Già al nostro arrivo l`atmosfera era particolare, tutto sembrava essersi congelato in me, e uno strano senso di melanconia è sceso inaspettatamente. Una volta entrata tutto mi è apparso più chiaro: avevo percepita la miscelanza di stati d`animo presenti in quel luogo, perciò non potevo sentirmi diversamente. Ogni cancello che dietro di me si chiudeva, sembrava rappresentare un girone che mi separava dalla libertà e mi accompagnava lontano da questa. libertà. E`un bel concetto ma difficile da comprendere, forse perché alla fine che le persone siano dietro delle sbarre o dietro alle maschere della quotidianità, il concetto è il medesimo. Il confronto con i carcerati è stato sincero e, allo stesso tempo, sentito da entrambe le parti. lo, nonostante la mia curiosità, ho preferito non chiedere nulla ma osservare. Sono stati significativi gli sguardi, i gesti e le emozioni che trasparivano dai loro volti, molto più che le parole. I sospiri e quelle "confessioni" trasmesse dall`altra parte delle sbarre (preferisco definire così i carcerati, che alla fine sono prigionieri delle proprie azioni) a noi studenti, spero serviranno per la nostra formazione, negli anni a venire. Tristezza e solitudine, questo ho percepito in un paio di ore, questo é una parte di quello che persone devono fare della maggior parte della loro vita dietro a delle sbarre. Giudicare forse è l`atteggiamento più istintivo in questo caso, e così è stato per me; ma l`importante è oltrepassare questo limite e sforzarsi di capire. Anche se capire è scomodante, perchè implica anche uno sforzo e un`elasticità mentale faticosa.

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